mercoledì 12 gennaio 2011

Radici

Sfarfallan le sottane | dei chierici impudìci
che scagliano gli strali | sul popolo acquiescente:
“Piangendo per i mali | che affliggono la gente
rivendichiam cristiane | tutte le sue radici!”

Allora s’alza un tizio, | un umile plebeo
e dritto ai cortigiani | che attorno gli fan cerchio
li spregia: “vandeani! | Con scandalo soverchio
mi leverò lo sfizio | di far come Linneo

e spiegherò pertanto | qual sia la divisione
delle radici tutte | che ebbe il Continente
sian belle oppure brutte | sian tutto oppure niente.
Ma voi vedrete quanto | sia grande l’estensione!

Son nomi poco strani; | si prenda la ramosa:
radice è tale, questa, | che a un albero somiglia
ma sottoterra resta. | È come la famiglia
dei greci e dei romani, | di quell’era famosa

che fu madre feconda, | filosofa e scienziata,
di ponti ed acquedotti, | astronomi, algebristi.
La scienza di quei dotti | che pur furon deisti,
il clero disse: “immonda!” | e l’ha dimenticata.

V’è poi quella radice | che penzola nell’aria
e per questa ragione | “aerea” vien chiamata.
È la superstizione | dal nulla alimentata:
di lei, ahinoi, si dice | che duri millenaria.

Da un’altra, non piccina, | peschiamo a piene mani.
Con molta convenienza | è detta l’avventizia:
dà grande conoscenza | (assai ci fu propizia)
carpita dalla Cina | dagli Arabi e gl’Indiani.

Per i nostri costumi | abbiamo, a dire il vero
ben più d’una radice | che va considerata.
Che storie già ci dice | quella fascicolata?
Evoluzione, Lumi | e Libero pensiero!

Per quel che rappresenta | la vostra religione
dobbiam considerarne | il ruolo nella storia:
il Verbo si fa carne | e a Dio poi rende gloria?
Sia dunque ben contenta | di fare da fittone.

Completo la tabella, | arrivo fino in fondo.
Ma non temete gente | che per vostra fortuna
mi resta, interamente, | da dirne ancora una
pur s’è soltanto quella | che fa girare il mondo.

Da questa siamo nati | ed alle sue pendici
torniamo all’occasione: | o qual simbolo fausto!”
conclude l’orazione | alfine il tizio esausto
e tacciono scornati | i chierici infelici:

“Non ve n’è poi d’esubero | ma quanto è agognata!
D’Europa la radice | e degli umani tutti
è quella che si dice | che dia i migliori frutti:
il sempre ambìto tubero | che chiamano patata.”

(17 dicembre 2010, anche quest'anno partecipo al premio Darwin per la poesia scientifica)

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