giovedì 26 gennaio 2012

Radici 2012


Approvato ieri in Senato un emendamento della Lega per promuovere le "radici giudaico-cristiane" nella Costituzione dell'Unione Europea.

La vignetta è vecchia di un paio d'anni ma la riciclo perché è tornata di attualità.
Purtroppo.

Qui anche in rima:
Radici

martedì 24 gennaio 2012

Engels e Goldbach

Ve la ricordate la matematica dell'Anti-Dühring? Se non ve la ricordate ve la ricordo io.
Scrive Friedrich Engels:
In modo ancora più convincente si presenta la negazione della negazione nell'analisi superiore, in quelle "somme di grandezze indefinitamente piccole" che lo stesso Dühring dichiara le più alte operazioni della matematica e che in linguaggio ordinario si chiamano calcolo differenziale e integrale. Come si compiono queste specie di calcoli? Io ho, per es., in un problema determinato due grandezze variabili, x e y, delle quali l'una non può variare senza che insieme vari l'altra, in un rapporto determinato dalle circostanze. Io derivo x e y, cioè suppongo che x e y siano così infinitamente piccole che scompaiono di fronte ad una grandezza reale, per piccola che essa sia, e che di x e y non resti che il loro rapporto specifico, senza però nessuna, per così dire delle circostanze materiali, un rapporto quantitativo senza quantità dy/dx, il rapporto delle due derivate di x e di y e dunque = 0/0, ma posto 0/0 come l'espressione di y/x. Che questo rapporto tra due grandezze scompare, la fissazione del momento del loro scomparire, è una contraddizione, è cosa che noto solo di passaggio; ma ci può turbare tanto poco quanto poco in generale ha turbato alla matematica da quasi duecento anni. Che cos'altro ho fatto dunque se non aver negato x e y, ma negato non in modo da non occuparmene più, come nega la metafisica, ma in quella maniera che corrisponde alle circostanze. Invece di x e y io ho, nelle formule o equazioni che mi stanno davanti, la loro negazione, dx e dy. Ora io continuo a calcolare con queste formule, tratto dx e dy come grandezze reali, anche se sottoposte a certe leggi eccezionali, e ad un certo punto nego la negazione, cioè integro la formula differenziale, al posto di dx e di dy, ottengo di nuovo le grandezze reali x e y, ma non mi trovo di nuovo al punto in cui ero al principio: invece ho risolto un problema sul quale la geometria e l'algebra comuni si sarebbero forse invano affaticate.


Un simpatizzante di Lotta Comunista (quelli che si distinguono dai Testimoni di Geova perché il loro giornaletto non è a colori) ha sostenuto la validità delle argomentazioni matematiche di Engels.
Non mi rimane che replicare.

È poco nota, ma pregna di significato, la dimostrazione che Engels fece della congettura di Goldbach.

Scrive Engels, in un libello giovanile intitolato "Numeri e masse: il capitalismo nella retta reale":

"È uso ammettere una convergenza tra la società capitalistica e la retta reale, perché tale ci pare essere la realtà: capitalista e quindi da abbattere. Così infatti il socialismo si prefigura come la naturale estensione nel piano complesso, tramite la quale alcuni problemi altrimenti insolubili trovano una via d'uscita: dalla risoluzione dell'alienazione proletaria alla risoluzione di un'equazione di n-esimo grado, che solo nel piano socialista e complesso può avere tutte le sue n radici, eventualità che le è generalmente preclusa nella retta reale e capitalista (si veda: teorema fondamentale dell'algebra).
Il fatto che quello dei reali sia un campo archimedeo assicura poi l'esistenza del plusvalore: difatti dati comunque x, y positivi nel campo capitalista con x<y, esiste un numero n tale che nx>y. Questo è noto alla borghesia. Il campo complesso socialista ha invece il vantaggio che non vi si possa introdurre una relazione d'ordine totale (le conseguenze di tale proprietà saranno poi riprese e ampliate da Bakunin nei suoi lavori matematici, ndr).
Se questa convergenza tra capitalismo e retta reale è accettata dai più, io mi voglio soffermare però su un sottoinsieme di questa: che è ancora capitalista, ma si restringe ai numeri naturali. L'identificazione è odiosa perché coinvolge il termine naturale, che richiama a sua volta le leggi di natura, antecedenti la costituzione del diritto; ma è di facile lettura perché afferisce, più che al misurare, al numerare: 1,2,3...; attività questa intrinseca al capitalismo e alla sua necessità di contare merci e denaro.
Ora, una società capitalista naturale (cioè ristretta a N), nel suo costituirsi di borghesia e proletariato, per sua stessa natura vede borghesia e proletariato come enti senza alcun fattore comune: ossia, per utilizzare il linguaggio matematico, essi sono primi tra di loro.
La natura stessa di borghesia e proletariato fa sì che ogni società capitalista ("pari", come dicono i padroni, che ne determinano la semantica e il linguaggio) si possa scomporre nella somma immiscibile di due numeri primi tra di loro.
Il che dimostra nella storia e ad opera della natura quel che passa con il nome di congettura di Goldbach, ossia che ogni numero pari sia esprimibile come somma di due numeri primi. Essendo la teoria dei numeri parte della matematica, e quindi parte dell'economia, e quindi parte dello spirito incarnato nella storia, una volta dimostrata in quest'ultimo la congettura la si deve ritenere dimostrata anche nel suo ambito originario di riferimento."

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Sfortunatamente la comunità matematica, soggiogata allora come oggi dalla borghesia, non ha ritenuto valida questa dimostrazione.

lunedì 23 gennaio 2012

Ode all'aspersorio

Ode all'aspersorio

in endecasillabi e settenari: AbCdeE, AbCdeE, AbCdeE

Canto l'estatiche gesta del membro
del clero, il quale asperge
d'acqua santa le fanciulle e le donne.
Fa ben uso d'un manico
dall'aspetto superbo
ché il popolo goda a mirarne il nerbo.

Ecco che vien, più duro d'un cembro!
ratto muove e converge
fin dove stanno le caste Madonne:
e non crea loro panico
per quello che ha in serbo
ma solo 'l timor che 'l getto sia acerbo.

"L'Amore Supremo certo rimembro!"
fa il manico, poi s'erge
qual tra navate fanno le colonne;
e più sprizza, vulcanico,
e senz'altro riserbo,
ché il popolo gridi: senti che Verbo!



© Elena Tosato, 23 gennaio 2012.

giovedì 12 gennaio 2012

Speciale Parlamento



(Cosentino, sentitamente, ringrazia)

Sesso, dibattiti e rock and roll

Tre mie figuracce.

Cominciamo con il sesso.


Cinque o sei anni fa, in una serata che speravo foriera di sviluppi migliori per i miei ormoni depressi, mi ero agghindata con un body tutto frusciante, un pizzo, un raso, una pletora di gancetti, che diceva "libidine!" solo a guardarlo. Con gli intenti di Dita Von Teese e il savoir faire di Rosi Bindi, arrivo al dunque e mi incastro nel body. Panico. Forse avrei dovuto premettere che la mia motricità fine è tale che in molti dubitano che io sia dotata di pollice opponibile. Il fortunato moroso dell'epoca si offre di sgancettarmi, ma si incastra pure lui. Più mi divincolo e più mi imbozzolo, vedo già i giornali dell'indomani che titolano "muore incaprettata in un body", i miei parenti costernati davanti al feretro e un prete ivi giunto a sproposito che tuona: "Lussuria! Lussuria! il peccato capitale conduce i giovani alla morte!"
Ma quale lussuria: ira in quantità, alla faccia della superbia che mi aveva spinto a vestirmi in modo così ingestibile e dell'invidia di chi riusciva a destreggiarsi con quella roba! Mai metodo anticoncezionale fu più efficace.
Trentaquattro minuti dopo riesco a liberarmi. La serata è morta lì. Abbiamo bevuto il tè come due anziane signore inglesi (niente sesso, appunto).


Proseguiamo con il rock and roll.

Fine del secolo scorso (detta così, fa impressione). Avevo 17 o 18 anni ed ero andata al negozio di dischi coi soldi contati per prendermi un CD. Ivi giunta, mi accorgo che il CD è un album doppio e ovviamente non ho i soldi necessari. Comincio a ravanarmi in tutte le tasche alla ricerca di spiccioli, ne recupero un po', alla fine conto: mi mancano mille lire. Mille stramaledette lire. Sconsolata, penso che devo tornare a casa a mani vuote, quando in mano non mi salta il biglietto dell'autobus con cui avrei dovuto fare il viaggio di ritorno. Penso che potrei rivendermi il biglietto e tornare a piedi, non importa se sono sette km. Camminare fa bene. Mi metto quindi a tacchinare tutti gli avventori del negozio "posso venderle un biglietto dell'autobus?" con aria da tossica alla ricerca dell'ultima dose. Il commesso si insospettisce e mi acchiappa per la collottola. Mortificata, gli spiego il tutto. S'è impietosito e mi ha fatto lo sconto.
Non ho più messo piede in quel negozio.
Poi ha anche chiuso. Forse perché gli mancavano mille lire nei bilanci.


Infine, la mia figuraccia nel dibattito.

Venezia, Darwin Day 2010. Premiazione del concorso di poesia scientifica. Ero tra i premiati e quindi ero partita con Antonino la sera prima da Monopoli, approfittando che all'epoca il treno notturno Lecce-Trieste esisteva ancora. Dormivamo a Padova da mio papà e con un regionale ciuffettante eravamo sbarcati in Laguna. Di lì, col senso dell'orientamento che mi contraddistingue, dritti alla meta. Eravamo arrivati tardi, Antonino e io, e ci eravamo andati a sedere di lato, dove avevamo trovato posto; ossia all'altezza delle prime file, ma accampati ridosso al muro. Pioveva, faceva freddo, avevo dei vestiti improbabili addosso perché ormai tutto il mio guardaroba accettabile si era trasferito in Puglia e avevo dovuto sopperire al gelo dell'inverno veneto con mezzi abbastanza fortunosi. Dopo la premiazione è andato avanti il dibbbbattito e ha preso la parola un Poeta e Accademico, maiuscolo perché so che ci avrebbe tenuto a non mischiarsi col volgo; non chiedetemi chi fosse ma aveva tutta l'aria blasée e il maglioncino esistenzialista francese e il volto emaciato dallo spleen e il capello con frangia coreografica e l'ars rhetorica di chi è abituato a parlare, ad ascoltarsi e a piacersi moltissimo.
Ecco, in mezzo alla sala rapita e attenta questo Conferenziere attacca una disamina sul valore della parola che estrinsecata dal verbo viene vilipesa dalla banalità vetero-luddista della scelta estetica del medium pubblicitario, a seconda che la cogenza delle endiadi nella pura descrittività dell'Atto sia esprimibile o meno da concetti espunti a coppie o a terzetti in un movimento di chiasmo per il discrimine mitopoietico e-altre-parole-complicate-a-caso, al che io, che stavo seduta beneducata e che però sentivo vacillare la mia fiducia nella semantica e mi stavano venendo gli occhi della mucca che guarda passare il treno, ho esclamato con infinito candore:

"ma che cazzo sta dicendo?"



Silenzio e poi brusio nelle prime file.

Mi hanno sentito tutti.

Sguardi che si girano verso di me, e io che continuo -stavolta a mezza voce- a spiegare ad Antonino che non si capisce niente, che è vero che non si capisce niente, che quella è aria fritta, vero che è aria fritta?

La mia scalata al mondo intellettuale dev'essere finita lì.

venerdì 6 gennaio 2012

Astronomia

Benedetto sedicesimo, nella messa dell'Epifania in San Pietro, si rivolge agli astonomi: "Studiate pure la cometa, ma la supernova è Cristo".
Eh, addirittura? Ma l'avete visto come transustanziano gli elementi? si riesce a produrre fino al ferro! Per l'oro, invece, si attendano i Magi (oggi è giornata).

Mi viene in mente quando scrissi una breve satira sui buchi neri e l'inferno.
La riporto qui:

Secondo la fisica un buco nero è un oggetto celeste talmente denso che perfino la luce non riesce ad allontanarvisi. Ora, io credo che le implicazioni epistemologiche e anche mistiche del concetto di buco nero siano interessantissime! Innanzitutto il buco nero c'è ma non può essere visto, la luce non riesce ad uscirne, nulla riesce ad uscirne, il che potrebbe suggerire un'analogia con l'inferno, dal quale le anime non possono scappare né vedere la luce divina al di là dell'orizzonte degli eventi, per dirla in linguaggio tomistico. Ma l'analogia finisce qui: l'inferno è unico, invece non c'è garanzia di unicità per i buchi neri a meno che non si voglia utilizzare il concetto di buco-nero, la buconerità. Un escamotage potrebbe essere quello della cosiddetta Delocalizzazione Cosmologica dell'inferno, ma non ne so molto, temo che dovremo aspettare un pronunciamento ufficiale della Santa Sede.

C'è una teoria piuttosto in voga tra i fisici cristiani, e quindi pesantemente ostracizzata dalla lobby ateista di cui è in mano la scienza: conoscerete tutti, per esempio, i pronunciamenti anti-religiosi di un grande fisico come Steven Weinberg. Secondo questa teoria Dio avrebbe consentito l'esistenza dei buchi neri proprio perché ci rendessimo conto dei limiti della ragione umana (altro che quelli proposti da Hume o Kant!) e potessimo quindi avvicinarci a Lui.

Quand'ero all'università ho avuto il piacere e il privilegio di lavorare per breve tempo con un allievo del grande astronomo gesuita José Funes, con il quale abbiamo analizzato con gli occhi sinceri della Fede in Cristo le varie soluzioni di buco nero a seconda che il corpo ruotasse o meno, o avesse o meno carica elettrica. Ne abbiamo tratto una modesta teoria catafatica, come l'avrebbe definita lo Pseudo-Dionigi Aeropagita, legando Dio a ogni singolo ente procedendo dall'universale al particolare.

Il nostro piccolo lavoro ci ha mostrato delle sorprendenti analogie tra il motore immobile d'impianto aristotelico e le conseguenze epistemologiche della soluzione di Schwarzschild (ditemi se vado troppo sul tecnico!), che è quella per un corpo non rotante e privo di carica. Ma del resto Dio è Amore, che è una grande forma di energia, lo dice anche Dante in chiusura del canto XXXIII del Paradiso: "l'Amor che il Sole muove e l'altre stelle". Ne segue che è applicabile piuttosto una soluzione di tipo Reissner-Nordström.
So che alcuni fisici gnostici avevano proposto un'interpretazione anche con le soluzioni di Kerr e di Kerr-Newman, ma mi sono sempre sembrate eretiche, perché considerare l'analogia con un corpo rotante renderebbe Dio troppo simile a un ente fisico e ciò verrebbe a contraddire, ad esempio, quel che diceva Nicolò Cusano sulla Sua conoscibilità.

[©Elena Tosato - 15 aprile 2010]