mercoledì 26 settembre 2012

Una modesta proposta

Una modesta proposta per evitare che le liti tra autori e critici siano un peso per i lettori e per il Paese, e per renderle un beneficio per l'umanità.


È cosa ben triste, per quanti passano per queste città e viaggiano per il nostro Paese, vedere le strade, sia in città, sia fuori, e i circoli letterari, e le sale di lettura, e le sedi di premi, affollate da scrittori che pietiscono di essere letti, vestiti di dolcevita esistenzialisti e giacche con le toppe sulle maniche e che importunano così i potenziali lettori.
Questi scrittori, invece di avere la possibilità di lavorare e di guadagnarsi onestamente da vivere, sono costretti a passare tutto il loro tempo a elemosinare royalties per i loro infelici ego, o a darsi alla carriera come impiegati pubblici o insegnanti per mancanza di lavoro, o a lasciare il loro amato Paese natio per andarsene a Parigi o in Sudamerica, o ad offrirsi in vendita ai talk show.
Penso che tutti i partiti, o quel che ne resta, siano d'accordo sul fatto che questi scrittori, in quantità enorme, costituiscono un serio motivo di lamentela, in aggiunta a tanti altri, nelle attuali deplorevoli condizioni culturali di questa Repubblica.
Vediamo inoltre che in aggiunta a questi malnati che pur s'affannano a mendicare il pane col proprio corpo, v'è una pletora di critici parimenti affamati, mercenari al soldo di questo o quell'editore, o ancora liberi venditori della propria opera, che ad altro non ambiscono se non a pascersi del sangue e degli umori del derelitto scrivano di cui sopra s'è detto. Ventri e coscienze altrettanto colpiti dall'inedia e dall'indifferenza, essi rovesciano sulle proprie vittime un livido rancore che non s'alimenta che di se medesimo, scorrendo a fiumi in elzeviri già vetusti quando ancora si trovano nelle rotative.

Ritengo pertanto che chiunque sapesse trovare un modo onesto, facile e poco costoso, atto a rendere entrambe queste figure parte sana e utile della comunità, acquisterebbe tali meriti presso l'intera società, che gli verrebbe innalzato un monumento come salvatore del paese.
Per parte mia, dopo aver riflettuto per molti anni su questo tema importante ed aver considerato attentamente i vari progetti esaminati da altri, mi sento in dovere di fare la seguente considerazione.
Di solito si calcola che la popolazione di questo Paese sia attorno ai sessanta milioni, dei quali pochissimi leggono più di un libro all'anno, e dei quali però un numero ben più copioso scrive opere proprie o critica opere altrui. È invero da ambo le parti un numero esagerato, enfio di probabili nequizie, foriero di un'esecranda lotta fra poveri alla ricerca di un posto di rilievo nella vita letteraria nazionale, a prescindere dall'eventuale capacità, talento o disciplina. Detti personaggi, come la fallimentare esperienza rivoluzionaria cinese ci insegna, non possono essere nemmeno efficacemente riconvertiti alla pratica agricola, e altro non è dato da fare se non dolersi miseramente, nella vana e religiosa speranza di trasformare gli uni in epigoni di Philip Roth e gli altri in validi simulacri di Harold Bloom.
Io quindi presenterò ora, umilmente, la mia proposta che, voglio sperare, non solleverà la minima obiezione.

Con opportuna modifica del codice penale, studiata nei dettagli dall'aristocrazia forense che di pari non difetta a questo Paese, si introduca l'obbligo inderogabile del duello all'alba fra critici e autori, fatta salva la scelta dell'arma da approvarsi a seconda della precipua inclinazione alla belligeranza degli uni e degli altri, tra armi da fuoco, da taglio o d'altro tipo. La legge disciplinerà i modi d'uso nei duelli con il fioretto, la sciabola, la spada, per i più aristocratici, il mazzafrusto o l'alabarda per i più intrepidi ed originali, l'archibugio, la colubrina o la spingarda per gli inveterati passatisti, a ciascuno il suo, secondo il diletto e il gusto dei contendenti: sia solo ben chiaro ai duellanti che lo scontro s'intenderà sempre all'ultimo sangue, allo scopo di rovesciare infine l'usato proverbio secondo il quale ne uccide più la penna che la spada.
In tal modo non solo si libererà il Paese di un cospicuo numero di scriventi e criticanti; ma, con l'istituzione di un apposito registro dei cronisti autorizzati a render pubblico conto delle fasi del duello, si darà anche nuova linfa al mai troppo rimpianto genere del romanzo di cappa e spada.

Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercare di promuovere quest'opera necessaria e che non mi muove altro motivo che il bene generale del mio Paese nel miglioramento della nostra letteratura e della nostra critica.

In fede,

Elena Tosato




(tanto Swift è morto e non può più denunciarmi per plagio)