domenica 25 febbraio 2018

Infiniti lipogrammi

Preservando gli endecasillabi, riscrivere L'infinito con cinque diversi lipogrammi.

Lipogramma in A
Sempre diletto fu quest’ermo colle,
così tu, siepe, che di buon conteggio
dell’ultimo orizzonte l’occhio escludi.
Però mi siedo e miro: non confini
vi son oltre le fronde, e non terreni
silenzi, e così stordente quïete:
io nel pensier mi fingo, ove per poco
nel cor non v’è terrore. E come il vento
odo stormir dentro le foglie, quello
infinito silenzio ed echi e voci
tutti confronto; e mi sovvien l’eterno,
e l’epoche pur morte, e questo tempo
vivo, col suono suo. Così qui dentro
l’immenso ben s’uccide il pensier mio:
nel fondo vien giù dolce in queste onde.

Lipogramma in E
In ogni anno cara la collina
mi fu, sì l’arbusto: di tanto lato
d’un ultimo traguardo monca l’occhio.
M’accoscio, già mirando sconfinati
spazi di là dal bosco, o sovrumana
la calma, sì profondissima, zitta:
in un ricordo infuso, tanto quasi
il cor mi si spaura. Quanto l’aria
odo stormir tra la boscaglia, tanto
l’infinito mutismo alla parola
vo comparando: ricordo il continuo,
o gli anni già morti, andati, l’oggi
vivo ancora: risuona. Così in una
infinità s’affoga il raziocinio:
un naufragar dolcissimo tra i flutti.

Lipogramma in I
A me fu sempre caro l’ermo colle
e quest’arbusto che da tanta parte
non fa osservare l’estremo traguardo.
Sedendo e contemplando questo luogo
senza bordo alcuno, e mal contenuta
calma pure, ch’è tanto penetrante,
sprofondo nella mente, ove per poco
non trema questo cuore. E come un vento
odo leggero tra le fronde, quella
pace ch’è senza pause a questa voce
vo comparando: ed ecco l’eterno,
l’età ch’è morta, e dopo la presente
e sana, e come suona. Ed è tra questa
grandezza che s’annega pur la mente,
e naufragare è dolce qua, nel mare.

Lipogramma in O
Sempre fedele fu l’altura esanime,
e questa siepe, che da tanta parte
del limite final la vista esclude.
Ma, da terra, vedi gli interminati
spazi di là da quella, ed inumani
silenzi, ed un’amplissima quïete:
e nel pensier vai giù, sì che pur quasi 
ti si spaura l’anima. Dei venti
senti frusciare tra le piante; quella
calma infinita e muta a questi fiati
vedi s’è simile; rimembri tempi
eterni, ed ere passate, e già quella
presente e viva che canta. Tra questa
immensità s’annega la mia mente:
e il naufragar m’è lieve in tale mare.

Lipogramma in U
Sempre caro m’è stato l’ermo colle, 
così la siepe, che da tanta parte
dell’orizzonte estremo l’occhio monda.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi al di là da lei, e mai terreni
silenzi, e poi profondissima pace
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor già non mi trema. E come il vento
odo stormire fra le piante, tale
infinito silenzio a detta voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, che canta. Così ben dentro
l’immensità s’annega il pensier mio:

inabissarsi dolce v’è nel mare.

giovedì 1 febbraio 2018

Materiale da post consumo

Sonetto del Rifiuto romano
Materiale, che sei di post consumo!
Agglomerato dell'obsolescenza
ch'è fatta di programma e di scadenza,
un'agorà di ratti, il sol profumo
gradito dai gabbiani; vago fumo
d'un inceneritore all'apparenza,
quello di cui volevi stare senza:
monnezza ti chiamavi, un dì, presumo.
Stat rosa pristina nomine, dice
tra i nomi nudi sguazzando Bernardo,
narrando del disprezzo per il mondo;
tu, decomposta, inevasa, infelice
ti piangi, mai scomparsa dallo sguardo:
ché il nome non ti muta il fato immondo.